Prostata, dubbi sull’esame del PSA

Prostata in primo piano a Roma. In occasione della V Giornata nazionale del malato oncologico, promossa da Favo (Federazione che raccoglie 500 associazioni di volontariato in oncologia) si è discusso dei diritti dei malati di cancro della prostata, di prevenzione, di diagnosi e di cure.
All'Istituto Regina Elena assieme al presidente Favo Francesco De Lorenzo vi era il gotha medico-scientifico: i professori Gallucci, Valdagni, Bevere, oltre a Laura Bellardita, Bonucci, Donegani. È intervenuto anche Fabio Gava, in rappresentanza dei parlamentari per il sostegno dei diritti dei malati di cancro.


Il tumore della prostata è la neoplasia più frequentemente diagnosticata negli uomini occidentali e, a livello mondiale, ci si attende entro il 2020 un aumento di quasi il 38% di questa patologia. Secondo una ricerca condotta dall'Istituto superiore di sanità e dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano, nel 2005 si sono registrati in Italia 43mila nuovi casi, 9.200 decessi e 174mila guarigioni o convivenze seguite alla diagnosi. Tre, quattro associazioni di volontariato si occupano del cancro alla prostata, mentre più di 200 di quello della mammella. Ciò ha indotto Favo a porre al centro di questa V Giornata i bisogni e i diritti dei malati di cancro alla prostata. L'utilizzo del PSA ha determinato un eccesso di diagnosi e di trattamenti, svelando anche quei tumori prostatici che non sarebbero mai diventati clinicamente evidenti. Appare, quindi, prioritario identificare nuovi strumenti diagnostici in grado di differenziare le forme più aggressive da quelle clinicamente non significative, individuando il giusto approccio al trattamento e riducendo il rischio di sottoporre pazienti a trattamenti inutili, evitando i relativi effetti collaterali. Intervento chirurgico, radioterapia a fasci esterni, in combinazione o meno con ormonoterapia, brachiterapia e, per un selezionato gruppo di pazienti, la sorveglianza attiva, sono le opzioni terapeutico osservazionali disponibili. Scelte difficili per i pazienti che devono essere supportati e accompagnati nella fase di decisione del proprio percorso diagnostico terapeutico e di follow-up. 
La riabilitazione fisica e psicologica deve essere una realtà offerta ai pazienti trattati per cancro della prostata, che non devono essere solo curati per la loro malattia, ma anche riabilitati globalmente come persone. Pertanto è necessario l'impegno non solo dei professionisti della salute, ma anche dei parlamentari, affinché riconoscano gli alti tassi di mortalità del tumore della prostata e sostengano la riabilitazione insieme alla ricerca clinica e sperimentale. 
Le cause del tumore alla prostata sono poco conosciute ma fattori ormonali e genetici ne influenzano sicuramente lo sviluppo, così come un ruolo importante è giocato dal tipo di alimentazione. Una caratteristica della neoplasia prostatica è quella di produrre in maniera esagerata una sostanza chiamata PSA (antigene prostatico specifico) che è facilmente dosabile attraverso un prelievo di sangue. Lo sviluppo della neoplasia è spesso molto lento anche se subdolo e pertanto anche i disturbi della minzione sono sovente tardivi.
Gli uomini che hanno superato i 50 anni di età sono più esposti a rischi di patologie prostatiche che possono essere colte in fase precoce come l'ipertrofia prostatica benigna e il carcinoma della prostata. Dopo i 50 anni è consigliabile la visita medica di un urologo sia a scopo preventivo e di monitoraggio sia quando si manifestano disturbi alle vie urinarie e genitali. Un semplice esame del sangue, un'esplorazione rettale eseguita da mani esperte ed eventualmente un'ecografia prostatica trans-rettale, possono in molti casi - sostengono gli urologi - essere sufficienti a diagnosticare precocemente le patologie della prostata e migliorarne di conseguenza la terapia controllandone poi l'evoluzione. 

Soprattutto nel caso di un tumore della prostata una diagnosi precoce può significare una guarigione completa dalla patologia. Compito dello specialista è l'interpretazione del quadro clinico e dei risultati dello stesso test del Psa. L'urologo non potrà forse evitare che insorga la malattia prostatica, ma può sicuramente fare in modo che sia curata prontamente e nella maniera più efficace che a volte può essere proprio all'insegna del «Wait and see», cioè: vigile attesa e controlli .
fonte:http://www.ilgiornale.it/medicina/prostata_dubbi_sullesame_psa/23-05-2010/articolo-id=447544-page=0-comments=1

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