La prostata è l' organo «preferito» Dubbi sui linfonodi da rimuovere

 


P iù della metà delle procedure robotiche è eseguita oggi per rimuovere tumori alla prostata, ma ci sono ancora controversie sull' opportunità di usare il robot. Spiega Walter Artibani, direttore della Divisione di urologia dell' Ospedale Policlinico di Verona: «Da poco, per la
prima volta, sono state pubblicate due revisioni di studi che dimostrano come il robot, rispetto alla chirurgia aperta, consenta un miglior recupero della continenza e della potenza sessuale. Purtroppo gli studi di partenza non sono di qualità eccelsa, per cui è ancora difficile dire una parola definitiva sugli effettivi vantaggi del robot, se si escludono quelli condivisi con la mininvasiva». «Alcuni benefici sono indiscutibili - interviene Patrizio Rigatti, direttore dell' Urologia al San Raffaele di Milano -. Il paziente torna a casa prima, c' è un minor rischio di incontinenza e di fuoriuscite di linfa. Però, nei pazienti a più alto rischio cardiaco, ad esempio, l' anestesia richiesta dall' uso del robot risulterebbe più pericolosa». «Il candidato ideale per il robot potrebbe essere un giovane molto motivato a preservare l' erezione, ma i criteri di scelta sono tuttora opinabili - ammette Artibani -. La condizione inderogabile è l' identità del risultato nell' eradicazione del tumore e al momento gli esiti paiono almeno sovrapponibili. Nelle mani di bravi chirurghi il robot può garantire un maggior numero di margini tumorali negativi, indice che il cancro è stato asportato bene. Ma dati definitivi purtroppo non ce ne sono». Meglio allora non credere che il robot sia sempre e per forza meglio di ogni altra alternativa, soprattutto perché ogni paziente è un caso a sé. «È bene sottolineare che molti dati positivi si sono finora ottenuti su tumori in stadi iniziali - dice Rigatti -. In questi casi il rischio di ricadute a 10 anni è minore se si asportano più di 20 linfonodi circostanti: riuscirci con il robot è più difficile, perché si allungano molto i tempi dell' intervento e spesso ci si "accontenta" di eliminarne meno. E a volte la mano del chirurgo riesce a "sentire" meglio i margini di un tumore di quanto riesca a farlo "a vista", attraverso l' ingrandimento con la telecamera della mininvasiva». Su questo c' è chi dissente, ma è un dato di fatto la preoccupazione dei chirurghi inglesi che poco tempo fa hanno lanciato l' allarme: a furia di formare chirurghi esperti in mininvasiva e robotica c' è il rischio di ritrovarsi in penuria di medici capaci di operare in urgenza, dove quasi sempre il paziente va aperto. E poi c' è la questione costi: «Un intervento robotico richiede 3-4 ore in sala operatoria, con un costo di mille euro l' ora, senza contare la spesa per lo strumentario speciale; con i metodi tradizionali nello stesso tempo si possono operare 2 o 3 pazienti - osserva Rigatti -. Per di più, i rimborsi del Servizio sanitario non sono sufficienti a coprire gli interventi robotici. E comunque, ogni anno in Italia si diagnosticano 50 mila nuovi tumori alla prostata: se li curassimo tutti con il robot il Servizio sanitario affonderebbe». «Bisogna però considerare che in certi casi costano molto di più i farmaci per la chiemioterapia» ricorda Artibani. 

fonte:http://archiviostorico.corriere.it/2012/marzo/18/prostata_organo_preferito_Dubbi_sui_co_9_120318090.shtml

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